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MODERNITÀ ED INAUTENTICITÀ: L’ORGANIZZAZIONE DEL CONSENSO ED IL FASCISMO

L’avvento del fascismo in Italia può essere diviso in due momenti tra loro coerenti derivati da un progressivo consenso - inteso come repressione del dissenso: la fase di "fascistizzazione" dello stato negli anni Venti e la sua trasformazione in regime totalitario negli anni Trenta.

La prima si realizza con il fiancheggiamento e la passività delle forze liberali e cattoliche, con il sostegno della monarchia e del capitalismo industriale. Tappe fondamentali di questo cammino è prima di tutto la costruzione di una maggioranza parlamentare con la legge elettorale maggioritaria del 1923, che prevede l’assegnazione della maggioranza dei seggi alla coalizione con il 25% dei voti. Nello stesso periodo si emanano leggi eccezionali che, con l’idea di “riportare l’ordine nel paese” dopo la prima guerra mondiale, sanciscono il primato dell’esecutivo sul parlamento, norme per la difesa dello stato, la soppressione della libertà di stampa.

In questo periodo l’unica vera crisi per l’ascesa del fascismo è rappresentata dal delitto Matteotti nel 1924, ad opera di estremisti del movimento. L’episodio è la dimostrazione che la “normalizzazione” rispetto alle aggressioni squadriste non è superata, ma la tattica dell’opposizione e la passività della monarchia ne consentono il superamento.

La fase d’istituzionalizzazione del fascismo riprende con maggiore forza avvalendosi anche di un ordinamento corporativo del lavoro, propagandato come alternativa popolare al capitalismo ed al socialismo, ma che di fatto invece annulla la conflittualità sindacale.

La legge elettorale del 1928 prevedendo una lista unica, fatta dal Gran Consiglio, di candidati completa la trasformazione dello stato liberale in stato totalitario, nonostante l’esistenza di altre istituzioni come la monarchia l’esercito la chiesa, che nei fatti non riescono ad offrire un’alternativa al potere del Partito Nazionale Fascista. Nel 1929 dopo la formalizzazione dei Patti Lateranensi, il plebiscito sancisce un consenso generale.

Alla costruzione del nuovo stato si accompagna una politica economica che dal 1925 abbandona la forma di liberismo, per avere invece un indirizzo protezionista e dirigista, puntando su investimenti stranieri e sul risparmio interno, sul rafforzamento dei grandi gruppi industriali e sulla riforma bancaria.

Si crea perciò un’imprenditoria di stato a scapito dei salari e di grandi progetti come la “battaglia del grano” o la “bonifica integrale”, che sostanzialmente non cambiano le condizioni dei contadini, così come sono del tutto inefficaci le alternative offerte in Libia ed in Etiopia, terre dell’Impero.

Con un’ampia azione di propaganda si sviluppa l’arte del consenso, che utilizza in modo completo tutti gli strumenti della modernità il regime costruisce una complessa organizzazione del consenso tra le classi della media e piccola borghesia, con il coinvolgimento delle masse a sostegno delle molteplici iniziative per creare l’immagine di un paese sulla via dello sviluppo e del progresso inarrestabile.

S’inseriscono in questa linea la diffusione dei mezzi di comunicazione di massa, i finanziamenti all’industria cinematografica, la creazione dell’EIAR per l’informazione radiofonica, lo sviluppo delle politiche sociali ed assistenziali, tutto un processo di mobilità sociale a vantaggio della classe media.

Il successo politico e la necessità di rispondere alla crisi economica, il bisogno di cercare sempre nuovi elementi per ottenere il consenso delle masse, spinge il regime all'espansione politico-territoriale, fondandosi sui problemi nazionalistici irrisolti dalla prima guerra.

Più che una fase d’effettiva modernizzazione il fascismo, come tutti i regimi totalitari, rappresenta un momento di non ritorno, una stazione d'arrivo.

L'Europa è così interessata ad una nuova sanguinosa guerra, dopo quella del 1914-1918, scatenata proprio da quegli stati che avevano scatenato la guerra precedente (molti vedono una continuità di fondo tra le due guerre, parlando di un unico periodo di guerra, una guerra lunga. Provvedimenti testimoniano come sia stata chiara e irrefrenabile l’evoluzione verso un sistema autoritario.


VERSO LA GUERRA

Dal 1930 inizia la fase di consolidamento del regime e soprattutto della sua personalizzazione nella figura del Duce. Mussolini, oltre alla carica di capo del Governo e di Duce del Fascismo, ricopre anche alcuni Ministeri chiave, il Re è sempre costretto ad avallare qualsiasi sua decisione, ed il suo rapporto con le masse è sempre più stretto.

La grande maggioranza del popolo italiano del ventennio viene avvolta dalla spettacolarizzazione. La parabola del regime raggiunge il suo apice fra il ‘36 ed il ‘38, in coincidenza con la vittoria nella guerra d’Etiopia e la conseguente retorica dell’Impero.


 


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Ultimo aggiornamento: 07-02-2011.